Settimanale della Diocesi: donazione del S.Benedetto
Dal Settimanale della Diocesi n. 35/2020 – di Enrica Lattanzi)
«Un luogo per chi è alla ricerca di Dio, un punto di spiritualità per dare spazio al silenzio, al raccoglimento e alla preghiera». Con queste parole il vescovo monsignor Oscar Cantoni, lo scorso 3 settembre, ha salutato la donazione, a favore della Diocesi di Como, del monastero di San Benedetto in Val Perlana da parte della famiglia Botta, che ne era proprietaria. Una firma frutto di un percorso lungo e che ha visto succedersi, negli anni, eventi e persone. Le prime notizie del complesso abbaziale risalgono all’XI secolo: «il documento più antico – ci spiega don Sergio Tettamanti, rettore del Santuario della Beata Vergine del Soccorso – porta la firma del Vescovo Rainaldo, che affidò la cura del monastero a tre conversi laici che abitavano nelle adiacenze del monastero probabilmente precedentemente legato alla basilica di San Carpoforo a Como». La costruzione della struttura, però, risale a molto tempo prima. Probabilmente fu costruita tra il 1050 e il 1075 presso una sorgente ancora oggi esistente, a circa 800 metri di quota, in una zona allora certamente coltivata. Il monastero fu soppresso nel 1431 da papa Martino V per passare sotto le dipendenze dell’Abbazia dell’Acquafredda, affidata ai monaci cistercensi, una comunità, questa, che era diretta filiazione del monastero di Morimondo. L’abbandono di San Benedetto in Val Perlana fu lento e progressivo, fino alla definitiva soppressione nel 1778. Da allora le strutture vennero usate a fini agricoli, lasciate dunque a se stesse, fino a essere assorbite dalla natura e dal bosco. Fu addirittura abbattuto il chiostro per trasformarlo in stalle o in rifugi di fortuna per contadini e pastori. Negli Anni Cinquanta del secolo scorso la famiglia Botta radunò in un’unica proprietà tutte le parti che si erano andate frazionando nel corso dei secoli. Furono realizzate le prime opere di recupero in collaborazione con la Sovrintendenza ai beni architettonici e artistici, tanto che il 1° maggio 1958 la chiesa fu di nuovo aperta al culto. Gli Anni Ottanta furono un momento di svolta nella vita dell’abbazia, con la nascita dell’associazione “Amici di San Benedetto” e il coinvolgimento di volontari e movimenti giovanili che, sotto la guida di fra’ Ginepro – al secolo Franco Riva, rovennese, dal novembre 2011 abate dell’abbazia dei monaci cistercensi-trappisti di Notre-Dame de Tamié, in Alta Savoia – hanno recuperato le strutture, permettendo, di fatto, di salvaguardare il complesso. «Il monastero di San Benedetto in Val Perlana – ha detto ancora il Vescovo Oscar il giorno della donazione alla diocesi – è patrimonio di tutti, credenti e non credenti. Alla famiglia Botta la gratitudine per aver evitato la dispersione di questo bene così prezioso e per averlo ora dato alla Chiesa di Como. Tutti insieme siamo chiamati a lavorare e a impegnarci per riscoprire tale gioiello di spiritualità». «Ora – aggiunge don Sergio, che sarà un punto di riferimento per San Benedetto, in unità con il Santuario del Soccorso – sono necessari alcuni interventi pratici per rendere di nuovo fruibile la struttura. Principalmente lavori di manutenzione ordinaria (perché il restauro fatto in passato con il coordinamento degli “Amici di San Benedetto” ha favorito la buona conservazione di buona parte del complesso), con il riallacciamento dei servizi essenziali, a partire dall’energia elettrica e dal riscaldamento». In questa fase è quindi indispensabile rimettere in funzione l’esistente. «Poi, per il futuro, il desiderio è quello di pensare attività, percorsi e proposte per valorizzare questa chiesa e la sua spiritualità, soprattutto nella sua dimensione monastica», sottolinea don Tettamanti. La collocazione in un luogo così suggestivo dal punto di vista naturalistico, l’accessibilità solo attraverso sentieri montani potrebbe far nascere la tentazione di un approccio, al complesso monastico, solo escursionistico. «San Benedetto in Val Perlana è un piccolo eremo, un luogo dell’anima, una realtà che può offrire esperienze significative a chi è in ricerca nella fede e sente forte un desiderio di spiritualità – chiosa don Sergio –. Facciamo nostro l’augurio del cardinale Carlo Maria Martini, che spesso saliva a San Benedetto: auguro che questo luogo possa essere di nuovo utilizzato e diventi luogo di crescita per tutti».