Gli inizi

Tre conversi alle origini di San Benedetto

Nel documento più antico del Cartario di San Benedetto si dice che i rappresentanti più autorevoli delle due comunità di Isola e di Lenno posero fine alla grave discordia esistente tra loro circa il possesso della chiesa di San Benedetto, costruita sul monte Oltirone, grazie a una donazione di terre e della stessa chiesa a tre conversi che allora abitavano nelle adiacenze.

Tutto ciò accadde una domenica di primavera, il 30 aprile 1083, alla presenza di molte autorità locali e del vescovo di Como, Rainaldo. Gli storici si sono posti il problema della identificazione di questi conversi, soprattutto a livello socio-ecclesiale.

Col termine “conversi” venivano indicati, fino a non molto tempo fa, i monaci non sacerdoti, ma nell’undicesimo secolo il termine non aveva un significato così preciso. Quasi tutti i monaci, allora, non erano sacerdoti, ma non per questo venivano chiamati conversi. Molto probabilmente a quell’epoca era ancora in vigore un significato antichissimo della parola “conversus” che risaliva ai primi secoli del monachesimo occidentale.

Con esso venivano indicati tutti coloro che si “donavano” a un monastero o a una chiesa, vivendo così una particolare forma di consacrazione religiosa molto diffusa soprattutto dopo il Mille. Non erano infrequenti, allora, i casi di coloro che abbandonavano il mondo nel senso che smettevano di occuparsi principalmente degli affari della terra per dedicarsi a una vita ascetica e di preghiera, anche al di fuori degli Ordini riconosciuti. Teniamo presente che l’accesso ai monasteri era tutt’altro che facile ed era generalmente riservato agli esponenti delle famiglie nobili o, in qualche modo, importanti. È quindi molto probabile che alle origini di San Benedetto ci fosse una chiesa e tre uomini, Boldo, Anrado e Lanfranco Galina, forse tre “laici” della zona, provenienti quasi sicuramente da famiglie popolari. ‘ Certo è che dovevano condurre una vita particolarmente devota, sia perché furono destinatari di donazioni fatta “prò remedium animae” sia perché godettero della stima di un vescovo autenticamente riformatore quale fu Rainaldo.

Dall’Opuscolo dell’Ass. S. Benedetto in Valperlana (1997/2004)